Intervista ai Sindrome del Dolore !

04.09.2021

Per fortuna il 2021 vede ancora esistere rock band che non vogliono proprio saperne di mollare. Una di queste risponde al nome di Sindrome del Dolore.

Dopo intensi anni di carriera, live, dischi, interviste, la band beneventana è tornata alla ribalta con un singolo dalle sonorità molto dure, e con un'oscurità di fondo che abbiamo apprezzato tanto. Se mai ce ne fosse bisogno, la band ha dato conferma del fatto che le sperimentazioni e la continua voglia di stupire, non deludono davvero mai.

Abbiamo intervistato con piacere Jim Wilde, cantante e chitarrista, e Gi Emme, bassista, scavando a fondo nel significato del fare musica per questi ragazzi.



Partiamo dal vostro ultimo singolo, "Litania".

Jim: "Litania" è una canzone nata senza particolari obblighi, in quanto venivamo da 3 singoli usciti nel giro di pochissimo tempo che stavano andando molto bene. Parlo di "Memorie", "Una parte di me" e "Dissidio". Avevamo la voglia di realizzare una canzone che avesse la potenza delle ultime nostre "cavalcate hardcore", se mi passi questa definizione orribile, ma che portasse con sé la melodia, che è poi una delle caratteristiche fondamentali della musica dei Sindrome. E' nata una canzone energica, dinamica, maestosa con qualcosa di funereo dentro, perché siamo pur sempre i Sindrome del Dolore. Le campane sono un omaggio agli Ac/Dc, ai Metallica e agli Iron Maiden, che le hanno usate prima di noi.

Alcuni vostri brani come "Inverno", "In Tua assenza" o "Splendida Poesia" hanno rappresentato un po' un "caso" nel panorama del rock indipendente italiano, avendo ottenuto ottimi risultati. C'è una vostra canzone di cui andate particolarmente fieri?

Jim: Io personalmente vado fiero di ogni singolo pezzo. Non abbiamo scheletri nell'armadio da questo punto di vista. Non viviamo nel terrore che qualcuno scopra i nostri primi album, anzi vi invitiamo a recuperarli su bandcamp o su youtube. Personalmente sono fiero quando un brano raggiunge l'obiettivo in termini di emozioni. Ci sono brani nati per farvi piangere, altri per farvi divertire ed altri per fare da colonna sonora a quelle giornate in cui mandereste a fxnculo tutti.

Immaginate il primo concerto in cui potrete suonare dal vivo: come volete che sia?

Jim: Mi piacerebbe che ci fosse tanta gente venuta a divertirsi con noi. Stop. E possibilmente che non ci fosse uno di quei fonici stronzissimi che se la credono. Sarebbe già il top.

Gi Emme: Caotico. Intenso. Rock n' roll. Sudato.

C'è chi parla della musica come autoanalisi. C'è qualcosa di particolare che avete scoperto su voi stessi, durante le composizioni?

Jim: Certo. Ho scoperto che finalmente sto perdendo parte del pudore e della timidezza compositiva che caratterizzava le prime composizioni dei Sindrome. Se la vergogna è l'ultimo ostacolo per la libertà, diciamo che ci sono quasi. Ho sempre predicato che i testi migliori sono quelli in cui si sacrifica un po' di sé e lo si dà in pasto a tutti, ma non ero riuscito sempre a farlo. Oggi lo faccio e...Che importa di me!

Ascoltando un po' la vostra discografia (e in particolare gli ultimi due lavori) ho notato che in "Gioie semplici" c'è una robusta dose di influenza "metal", laddove in "Labirinti" era un po' il punk il vostro punto di riferimento. In che rapporti siete con questi generi musicali?

Jim: Il punk e l'heavy metal insieme costituiscono un buon 65 per cento dei miei ascolti, completati poi dalla new wave, il rock, il pop. Mi piace molto il metal non purgato dall'elemento punk, comunque. Adoro i Motorhead, i Venom, e vado assolutamente pazzo per il primo, incredibile, album degli Iron Maiden.

Gi Emme: Alla fine il metal comprende tante cose diverse, diversissime, messe insieme da una distorsione più pesante o una batteria più veloce e potente. Però include tanti generi e visioni diverse. Quello che abbiamo fatto è stato ritornare con la sensibilità di oggi lì dove eravamo partiti. Per questo c'è stato un ritorno al metal. Abbiamo fatto un giro e siamo ripassati dal via. Ma anche decentrarsi è importante, provare cose nuove. Fossati una volta ha detto una cosa del genere su alcuni suoi album, in modo molto interessante, ma purtroppo non ricordo dove. 

Se dovessi ascoltare il vostro ultimo album al buio e con gli occhi chiusi, quali immagini vorreste che mi venissero in mente?

Jim: Ricordi sereni e immagini di un futuro in cui imprimere nel mondo la propria volontà. Detto così sembra una roba da fuori di testa. E lo è.

Parlamo dei testi. Nei vostri c'è un intero mondo da scoprire tra rimandi ai poeti romantici, filosofia, citazioni, ironia, politica, stralci biografici. Quanto è importante l'aspetto lirico per gli SDD?

Jim: Molto importante. Non abbiamo iniziato a cantare in italiano perché andava di moda, anzi quando abbiamo iniziato non c'era neanche la moda degli indipendenti in italiano. Cantavano tutti in inglese e non avevano un cazzo da dire. Oggi è anche peggio, ma lo fanno in italiano. Salvo qualche eccezione, ovviamente.

Siete un bassista e un chitarrista-cantante. Non posso quindi non chiedervi chi sono i musicisti che vi hanno influenzato di più sui rispettivi strumenti.

Jim: Ti spiazzo subito dicendo che io adoro Steve Jones dei Sex Pistols. Giuro, io sono uno dei pochi a cui il sound dell'album dei Pistols piace veramente, al di là dell'importanza simbolica. E' un disco bellissimo e le chitarre hanno un ruolo fondamentale. Mi piace la ruvidezza sonora, quindi Iron Maiden, Motorhead, Clash, Ramones, Motley Crue, Ac/Dc, Joy Division. Per la composizione delle melodie invece guardo anche ai Cure, agli Smiths e ai Placebo.

Gi Emme: Non essendo un virtuoso, non posso dirti che Marcus Miller ha avuto un'influenza considerevole sul mio modo di suonare. Nè io su di lui, come puoi immaginare. Però posso dirti che i gruppi che mi hanno influenzato da questo punto di vista sono: Pink Floyd, Nirvana, Tool, Litfiba, Korn, Nine inch Nails, Deep Purple, etc...

La vostra band nasce per le strade di Benevento. Come vi siete conosciuti e quando avete deciso di lanciarvi in questa fantastica avventura?

Jim: Ci siamo conosciuti in un Centro Sociale, e suonavamo ed avevamo suonato già in altri progetti. Prima è venuta l'amicizia, poi la decisione di suonare insieme. Il resto è storia. E se non lo è, lo sarà.

Gi Emme: La fortuna di nascere in una città di provincia dove non succede nulla, è che se hai qualche interesse sei subito portato a cercare quei pochi altri simili che pensano che il mondo non finisca lì, per evitare la noia e il conformismo di destra e di sinistra. A quel punto hai trovato il tuo spazio. La provincia però non ti perdona il tuo tentativo di uscire dal gruppo e quindi ti rinnega un attimo dopo.

Ci sono progetti in cantiere nel futuro prossimo?

Si, ci saranno delle novità importantissime di cui ancora non posso parlarti, ma diciamo solo che i nostri haters dovranno sopportarci per ancora un bel po'.

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